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LA GRANDE FESTA DELLA FAMIGLIA AIA SICILIANA: IL TORNEO DELL’AMICIZIA E DELLA MEMORIA

Oltre 500 associati e familiari, tanti bambini, volti conosciuti e meno dell’arbitraggio “nostrano”. Più che un semplice torneo l’evento “Calanovella 2015” passa agli annali come una grande festa dove la famiglia siciliana dell’AIA si è riunita per celebrare e celebrarsi. Un autentico “parterre de roi” ha onorato la quinta edizione del “Torneo dell’Amicizia e della Memoria”, appuntamento ormai classico di fine stagione, che ha visto coinvolte le 12 consorelle isolane in una tre giorni di sport, divertimento e ricordo dei tanti colleghi non più presenti tra noi: l’intero CRA, con il presidente Raciti in testa, ha seguito passo passo lo sviluppo della manifestazione, organizzata anche quest’anno dalla nostra Sezione, che ha portato sui campi di Brolo, Piraino, Patti e Capri Leone le combattive rappresentative sezionali, suddivise in quattro gironi all’italiana. Dopo una fase eliminatoria ricca di colpi di scena, a giocarsi la finale, e l’ambitissimo trofeo, la nostra compagine, ormai una garanzia a certi livelli, e quella di Agrigento. A spuntarla, dopo 60 minuti tiratissimi, gli uomini del vicepresidente regionale Salvaggio, capaci di regolarci con un rocambolesco 3-2. I girgentini vanno così a iscrivere per la prima volta il loro nome nell’albo d’oro della manifestazione, succedendo ai colleghi di Caltanissetta; per noi l’amaro in bocca di una finale persa più per demeriti propri che per meriti altrui.
Sbolliti gli ardori agonistici piscina e mare per tutti: nello spirito più genuino di quella “colleganza” richiamata dal presidente Raciti nel suo discorso finale.
Anche per quest’anno il viaggio si chiude qui, sulle splendide ri
ve della costa Saracena, accarezzate dalla risacca. A molti risulterà strano, illogico, difficile, comprendere come un gruppo eterogeneo di ragazzi e ragazze, uomini e donne, spinti solo dalla passione per un fischietto, o per una bandierina, possa vivere in modo così viscerale tre giorni di un’estate appena agli inizi: beh, vivere un anno sui campi d’Italia, correre insieme, sudare sotto il sole e non potersi riparare dalla pioggia, fare chilometri e rischiare le botte. Chi, se non gli arbitri, può dirsi parte di una famiglia? E cosa se non una famiglia chiama a raccolta i suoi figli? Tre giorni che valgono una stagione, così tanto da non vedere l’ora che arrivi il prossimo giugno.

Valerio Villano Barbato



 
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