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Archivio > Zoom > 2012_13

Giuseppe Pennino
DUE FISCHIETTI NEL CUORE PER  UNA GRANDE PASSIONE: DIRIGERE
      

Quando si incontra un pezzo di "Storia", quando il tempo lascia dei segni così indelebili non si può non parlare di ricordi e non si può non parlare di grandi Uomini. Di fronte a 10 lustri di tessera tutto quello che oggi il collega Giuseppe Pennino  ha raccontato  è sempre troppo poco, ma ha il valore di una grande esperienza che lascia una lezione a chiunque è disposto ad ascoltare questa storia. Pippo Pennino porta nella sua cinquantennale attività per l’AIA l’amore che  portò lui sui campi da gioco.  Nei ruoli di Arbitro, Assistente e Osservatore sempre pronto a completare il suo percorso al meglio, un lungo cammino che oggi, trascorso mezzo secolo, lo immortala tra gli Arbitri Benemeriti della nostra Sezione.
Partiamo  con un tuffo agli esordi: Come, quando e perché iniziò a fare l’Arbitro?
Ricordo che la mia passione per il calcio mi spinse a fare questa scelta. Correva l’anno 1961 ed io seguivo con piacere le gare del Messina. Un giorno un amico mi disse che diventando arbitri e ricevendo la tessera associativa si poteva avere  la possibilità di accedere liberamente a tutte le gare organizzate dalla FIGC. Avevo 24 anni e mi sembrò un modo per risparmiare qualche soldo visti i sacrifici che all’epoca facevo. Avevo perso mio padre, caduto in guerra e sicuramente in quegli anni non si viveva nel lusso. Iniziai il corso e lo completai nel 1962, ma la cosa più strana fu che in quell’anno superati gli esami diventai il 29 giugno Arbitro e il giorno successivo Vigile Urbano. In quello stesso anno il Messina calcio otteneva la promozione in Serie A. La cosa più simpatica è che entrambi i ruoli mi consentivano di poter entrare allo stadio gratuitamente, ma la passione di dirigere tolse il tempo a quella ragione che mi portò a fare questa scelta così importante che oggi rinnovo nell’entusiasmo e nei piacevoli ricordi di esperienze uniche.
Ci racconti  la sua carriera da Arbitro e qualche episodio che porta nel cuore?
Iniziai a calcare i campi siciliani dopo aver appreso dell’arrivo della divisa. Il collega Basile mi disse: "La divisa è arrivata in Sezione passa a prenderla!". Arrivato al cospetto del Cavaliere Mazzotta presi la divisa e lui stesso mi designò nella Juniores. Iniziai la mia avventura e dopo quei primi 90 minuti così tanto attesi, l’osservatore disse subito al Cavaliere: "È sprecato per la categoria!".  Passai subito in Seconda Categoria e salto dopo salto arrivai fino in Promozione che rappresentava la massima categoria regionale. In così tante partite dirette difficile trovare un particolare che meriti risalto. Ricordo con un sorriso quando mi trovai ad arbitrare a Rosolini e con un amico lasciammo la macchina lontano dal campo e partiti per rientrare a casa dopo una partita complicata  notammo un auto che ci inseguiva che restò dietro la nostra 600 Abarth  fino a Santa Maria degli Ammalati. La cosa più buffa fu vedere la designazione di lunedì che mi vedeva ancora a Rosolini per dirigere Rosolini –Terranova. Naturalmente andai tranquillamente ad arbitrare, quella gara si presentò con le sue difficoltà ma la portai a termine uscendo dagli spogliatoi soddisfatto ma vestito da Vigile Urbano. Era un’attività che amavo e che facevo con impegno e dedizione, ricordo ancora tutti i giocatori che ho espulso e tutte le vicende particolari. Durante la gara Taormina -Nuova Igea entrò dagli spalti un giocatore del Taormina indisponibile che provò a rincorrermi ma alla fine lo rincorsi io e questo se ne risalì in tribuna. Bene ricordo che dopo molti anni fui trasferito come Vigile a Taormina e ogni qualvolta mi incontrava questa persona mi rammentava l’episodio scherzando: quell’esperienza ci fece diventare buoni amici.
Ricorda qualche altro episodio simpatico che le successe durante la sua attività?
Episodi ce ne sono tanti ed è perfino difficile richiamarli alla mente.  Mi rimane impresso quando ero in servizio da Vigile Urbano e feci una contravvenzione al carabiniere Volante, che in borghese aveva lasciato incustodita l’auto "civetta". Quando arrivo il suo superiore anziché cercare di giustificare la multa come aveva chiesto il trasgressore, rispose allo stesso che era grave il fatto che si era fatto fare la multa. Quattro giorni dopo vado ad arbitrare a Floridia, una gara abbastanza accesa che si concluse in un clima poco sereno. In quella gara rincontrai il carabiniere Volante che gestiva l’ordine pubblico  e disse ai colleghi: "Attenzione che oggi l’arbitro è un collega!". Tornai a casa contento del gesto di gran rispetto di Volante. O come dimenticare la gara Capo d’Orlando-Naso, un derby in piena regola che non nascondeva grandi difficoltà. Ero stato appena dismesso e tornai a calcare i campi provinciali, in quella gara a tutela dell’ordine pubblico c’erano tutti i Carabinieri della zona capitanati dal tenente Conti. Il suo impegno per farmi uscire in serenità dallo spogliatoio in quella gara così difficile lo ricordo ancora oggi. Quando dopo anni mi trasferirono a Naso, ero in servizio e lo incontrai in un’occasione di lavoro spiacevole. Un bambino aveva smarrito il pallone vicino una cabina elettrica e nel tentativo di recuperarlo era morto fulminato. Arrivai sul luogo a tutela del suo corpo e della difficile situazione per consentire il sopralluogo dell’ufficiale giudiziario. Aspettavo il sostituto procuratore che arrivo proprio con il tenente Conti che era diventato ufficiale ed entrambi anche a distanza di anni ricordavamo questo piccolo episodio anche se in un contesto davvero pieno di dolore.
Nel 1971 passò nel ruolo di Assistente, ci racconti del suo rapporto e delle sue avventure con la bandierina?
Arrivai in serie D per iniziare questa avventura che mi portò fino in serie B. Riuscì ad integrarmi anche con questo nuovo ruolo che mi diede le sue soddisfazioni. Come quando ero arbitro uscivo spesso in coppia con l’amico Cottone e anche con l’amico Sturniolo: a quei tempi non tutti avevano la fortuna di possedere l’auto e cercavamo di aiutarci in ogni modo pur di portare a termine il nostro mandato. Una volta arrivati alla stazione con il collega Cottone mentre aspettavamo per andare ad espletare il nostro compito a Catania, il treno venne soppresso. A quel punto tornammo a casa e presa la vespa partimmo con le valigie caricate cercando di non aumentare il nostro ritardo. Delle mie esperienze fuori dalla Sicilia ricordo ancora la gara Gallipoli - Pescara 0-1, arbitrava Torrino di Milano. Una partita davvero dura resa ancora più complessa dalla neve, dal vento, dalla pioggia e dalla nebbia. Portammo a termine la gara ma al triplice fischio ci fu un’invasione di campo dagli spalti fino agli spogliatoi. Tante altre  belle esperienze sono impresse nella mia mente ma una cosa che ricordo ancora sorridendo  è la frase dettami da un osservatore a Grosseto: "Il girocollo sulla camicia non và, la prossima volta porta lo scollo a V!". Una frase apparentemente banale che però enfatizzò la mia immagine di eleganza e ordine a cui l’arbitro è chiamato a dare il buon esempio, facendomi capire quanto importante era presentarsi al meglio anche nell’esporre il proprio stile. Il mio ciclo si chiuse e dopo non molto tempo nel 1978 passai nel ruolo di commissario (oggi. Osservatore).
Il ruolo da Osservatore e le sue più belle esperienze associative riesce a condensarli nei ricordi?
Ho intrapreso la carriera da Osservatore con lo stesso impegno degli altri ruoli che ho avuto. Tra gli aneddoti ricordo quando andai in treno a visionare un Arbitro a Vibo per la gara Vibonese-Forio. Sceso dal treno e uscito dalla stazione cominciai a cercare il campo ma chiedendo mi dissero che era nella parte alta della città. Così armato di buona volontà arrivai a piedi allo stadio e portai a compimento il mio mandato. Erano quelli gli anni in la storia della nostra Sezione aveva ormai scritto pagine importanti nella storia del calcio italiano e tutti i colleghi avevano maturato una grande esperienza in ambito nazionale, ma tutti negli allenamenti e nelle nostre riunioni non perdevamo l’occasione per vivere questa passione in quello spirito d’amicizia che colorava le nostre giornate. Come dimenticare gli amici  che sempre mi davano consigli e stimoli: il Cavaliere Mazzotta, Rosario Lo Bello, Ugo Famulari che raggiunse la serie A come anche Gioacchino Parisi, Angelo Amendolia che calcò i campi più importanti della serie A e Tullio Lanese anche lui arrivato all’olimpo del calcio. Ho avuto la fortuna di conoscere il cavaliere Rizzo che oggi dà il nome alla nostra sezione ed anche con lui avevo un ottimo rapporto di amicizia. Ho conosciuto e condiviso belle esperienze grandi arbitri come Bergamo, Agnolin, Lopi, Romeo Paparesta, Claudio Pieri,… ma soprattutto ho imparato ad amare l’ Associazione riuscendo a trovare in tanti colleghi, anche in quelli  i cui nomi oggi non risultano tra i più illustri, grandi amici.
50 anni di grandi emozioni dunque, ma quale è stato il ruolo che ha preferito e l’importanza che ha dato a questi suoi 19000 giorni di AIA?
La mia carriera arbitrale ha rappresentato una svolta positiva per la mia formazione, mi ha fatto crescere e mi ha tanto aiutato nella mia carriera militare. Di tutti i ruoli che ho intrapreso nessuno mi ha mai dato più soddisfazioni dell’altro perché a tutti mi avvicinavo con lo stesso impegno e la stessa passione, che mi permettevano di ripartire al meglio e che tutt’oggi mi accompagnano. Ricordo ancora anche l’impatto che aveva sulla mia famiglia, quando mia moglie non vedendomi uscire la domenica dopo mi si avvicinava e scherzando mi diceva: "Non sei andato bene la volta scorsa?!". Diventava un modo per farla sorridere del mio sguardo e gioire della mia insolita presenza a casa della domenica. Come dicevo la mia grande, lunga e bella esperienza si è intrecciata con la mia vita non senza grandi difficoltà e grandi traguardi, lasciandomi però sostanzialmente felice di questa scelta che per caso mi portò ad avere due fischietti nel mio cuore che ancora oggi vivono nei miei ricordi e riempiono le mie giornate di entusiasmo e di passione.

Francesco Antonio Barca


 
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