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AIA BERGHEM CUP: ALLA CONQUISTA DELLA RICOMPENSA PIÙ GRANDE

“Quando solo pochi di noi rimarranno, saremo spinti da un irrefrenabile desiderio in una terra lontana e lì combatteremo per la ricompensa". Con queste parole il saggio immortale Ramirez (Sean Connery), descriveva al giovane Connor MacLeod (Christopher Lambert) il tempo dell’Adunanza. Dopo una stagione ricca di successi in campo arbitrale, per i ragazzi della rappresentativa sezionale è, dunque, tempo di Adunanza. Raccolte forze e pensieri all’imbarcadero Caronte di viale della Libertà, ormai storico punto di riferimento per il nostro “clan” , si parte verso Lamezia, prima tappa del lungo percorso che ci condurrà fino ad Azzano San Paolo, per la prima “Berghem Cup”, organizzata dagli amici della consorella orobica.
Il mare amico si colora di una simpatica onda giallorossa, c’è aria di festa a bordo: l’impegno è di quelli importanti e, sebbene ci sia da riscattare l’annata precedente, foriera di amarezze, la tensione positiva che serpeggia tra i volti dei nostri è presagio dell’impresa che di li a qualche giorno verrà compiuta. Sotto l’occhio vigile del presidentissimo Postorino e degli esperti Lippolis e Costantino, che dispensano sorrisi e consigli durante la traversata, si sente l’energia scorrere costante, si avverte la fame e la voglia. Ci siamo.
Un’aquila d’acciaio scorta la “truppa Lo Giudice” in terra lombarda; una volta a terra, trasferimento presso l’ART&HOTEL di Stezzano, quartier generale per la tre giorni calcistica. Prima della sistemazione per la notte è tempo di chiarirsi le idee: faccia a faccia squadra-dirigenza, come si fa nei grandi club. Non siamo da meno. Il rientrante “DS” Pecora, insieme al vulcanico mister Meli, spiegano gli ultimi accorgimenti, più mentali che tattici. Adesso siamo davvero pronti. Il nuovo giorno si apre sul terreno di gioco, ci tocca inaugurare il torneo, e, per l’occasione, sono gli amici di Genova a saggiare le nostre qualità. Il fischio d’inizio risveglia gli ardori sopiti; per i liguri c’è ben poco da fare: meno di 20 minuti per depositare 3 palloni in fondo al sacco. Milici (2 volte) e Santoro, chiudono subito la pratica, sul finire di gara arriva il gol della bandiera per i colleghi della lanterna.. Piccolo break e poi di nuovo in campo per il doppio impegno pomeridiano: arriva la Longobarda. Non ci troviamo di fronte Aristoteles e Speroni, ma una mista di arbitri della “bergamasca” ai quali, pur emuli di mister Canà, non rimane che apprezzare il bel calcio prodotto dalla banda in camiseta blanca. Ancora i gemelli del gol, accompagnati dall’intermezzo di capitan Giusto, timbrano il cartellino e chiudono i conti. Si chiude il girone con Milano con un salomonico 0 a 0. Primo posto e qualificazione
acquisita. Per cominciare non c’è davvero male. Superato il primo, facile, scoglio, è momento di fare sul serio con le gare secche da dentro o fuori. Quarti di finale contro Macerata, un deja vu della partita giocata lo scorso anno alla Salerno Cup. I marchigiani sono ben messi in campo, ci fanno soffrire, passano addirittura in vantaggio. Messina è in difficoltà, sembra Rocky contro Apollo, destinata al colpo del ko da un momento all’altro. Ma, come lo Stallone italiano, dopo l’intervallo si trasforma e schiaccia gli avversari dietro la linea del pallone, arrivando al pari con una straordinaria azione del duo Milici – Santoro, finalizzata dal primo, e concretizzando lo sforzo ai tiri di rigore. Lo spavento si evolve in convinzione e la nuova sfida alla Longobarda stavolta vale la finale. Nonostante una gara giocata alla perfezione il gol messo a segno da Santoro non è seguito da tanti altri fratellini, e, ci tocca soffrire fino alla fine. Ma il Dio del Pallone ha deciso che se siamo arrivati fin qui non è certo per fermarci a un passo dalla gloria. L’atto conclusivo, il momento della Ricompensa. Noi o Nichelino. Più che una squadra di pallone sembriamo una sede distaccata di un nosocomio: tra infortuni e acciacchi vari potremmo riempire un reparto, ma il cuore conta più di qualunque muscolo. Più gli avversari attaccano più noi torniamo su, loro mettono un colpo, noi ne mettiamo due, e per poco Buda non pesca il jolly con un gran destro che si stampa sulla traversa. Ma, quale potrebbe essere l’epilogo in un duello tra immortali se non la lotteria dei tiri dal dischetto? E così sia. Dagli undici metri centriamo il bersaglio grosso 5 volte su 5, mandando in estasi chi dalla panchina aveva rischiato l’infarto per oltre un’ora. È vittoria, è gioia, è pianto, è ricordo. Spunta una maglietta per qualcuno che ci guarda da lassù, arrivano le lacrime, che importa: Gianni Aveni è con noi ! Nei  nostri cuori, nel nostro primo ricordo ! Questo è il bello della nostra squadra, questo è il bello della nostra famiglia. Siamo gli ultimi in piedi, forse era scritto nelle stelle prima della partenza.
A suggellare questa splendida avventura, il “day-after” viene dedicato alla visita della famosa “Città Alta”, con i suoi caratteristici scorci medioevali, cinti dalle storiche mura.
E così a Piazza Vecchia, con la fontana Contarini, il Palazzo della Ragione, il Campanone e il grande edificio bianco del Palazzo Nuovo, trascorrono le ultime ore della nostra trasferta lombarda, che sicuramente sarà inserita nel book dei migliori ricordi del “Club AIA Messina”.

Valerio Villano Barbato

 
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