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A NICHELINO PER IL MEMORIAL “ANGELO CORTESE”: UN VIAGGIO “INASPETTATO”

Per capire certe cose a volte bisogna partire dalla fine. Da quello sventolio di fazzoletti di solito riservato a un familiare in partenza, da quella “panolada” in genere preparata solo per le grandi occasioni. Basta la semplicità di un gesto, la sincerità di un gruppo di ragazzi, fratelli, amici trovati e ritrovati, a spiegare quello che è stato il viaggio dell’AIA Messina nella splendida cornice piemontese.
Un’avventura cominciata di buon mattino, venerdi 10 giugno: in piedi prima del caldo sole e poi di corsa all’aeroporto di Catania, dove ad attenderci, oltre ai due presidenti, la prima gradita sorpresa di questa indimenticabile tre giorni: l’amico Armando Salvaggio, per una volta fuori dei panni istituzionali, semplicemente uno di noi.
Come una vera squadra, imbarcati su un destriero alato, arriviamo in Piemonte ancora restii ad abbandonare le brame di Morfeo.
L’accoglienza che ci aspetta è tutt’altro che “nordica” con gli amici di Nichelino, padroni di casa quanto mai disponibili, che ci fanno trovare un pullman all’aeroporto, pronto a scorrazzarci secondo le nostre esigenze. Non potremmo chiedere di più.
Sistemati in hotel, abbiamo un intero pomeriggio a disposizione per gustare la magnificenza della città che prima fu capitale d’Italia: siamo come i bambini in gita con la propria scolaresca.
A Piazza Castello, centro della città occulta, a qualcuno non sfugge l’occasione per ricaricarsi di energia positiva; il nostro eroe non sarà così fortunato… Temprato lo spirito è momento di curare anche lo stomaco, e una pizzeria è quello che fa al caso nostro; prima di tornare alla base, ci facciamo conoscere in giro per Torino, d’altronde se siamo venuti fin quassù è anche per divertirci.
Finalmente arriva il giorno delle gare, dopo una nottata tutt’altro che tranquilla, bisogna affrontare le sezioni di Pinerolo, Asti e una mista locale per poter accedere alle fasi finali.
Da queste parti godiamo di una certa reputazione, e allora proviamo a farci rispettare. I primi a farsi sotto sono i colleghi di Pinerolo, squadra “ostica", secondo il gergo calcistico: passa poco ed è Trischitta a portarci in vantaggio con un preciso colpo mancino; il raddoppio arriva nella ripresa con Santoro che riprende una corta respinta del portiere, a chiudere i conti ci pensa Andulajevic che ribadisce in rete sugli esiti di un calcio d’angolo. Buona la prima, adesso si torna in hotel. Pomeriggio di nuovo sul terreno di gioco contro la selezione Ris & Vin, formata da arbitri delle varie sezioni partecipanti. La musica non cambia, anzi, la suonata prende il ritmo dell’andante: Marcello Rinaldi, Milici, Giusto, Mattace, e ancora Milici regolano con un pesante 5 a 1 i malcapitati avversari. La qualificazione è sempre più vicina. L’ultimo ostacolo è rappresentato dagli arcigni astigiani che bloccano i nostri per tutta la prima frazione di gioco; ci pensa Andulajevic subentrato nella ripresa a sistemare le cose con un bel gol da attaccante puro, che regala i 3 punti e il primato solitario alla nostra rappresentativa. Accediamo alla fase calda del torneo, in semifinale ci attende Abbiategrasso, una prima volta assoluta. Ma prima c’è tutta una serata per rilassarsi: nel frattempo sono cominciate anche le gare degli europei, ed è il turno dei colleghi italiani andare in campo per dirigere Inghilterra – Russia, roba da niente insomma… Ma in questo momento il torneo che conta è solo il nostro. Alle 8.30 tutto è pronto per il fischio d’inizio della semifinale. Pronti via Abbiategrasso trova il gol in modo del tutto estemporaneo. Non ci scoraggiamo, sentiamo che questa partita la possiamo perdere solo noi. Milici, in forma straordinaria, si beve la difesa lombarda e mette un mezzo un pallone che Santoro deposita in rete con un bel destro a giro. Come diceva Corrado “e non finisce qua”. Al quarto d’ora punizione dal limite, se ne incarica Giusto, il pallone prende una traiettoria maligna, incoccia la traversa e danza sulla linea. Ci vorrebbe la tecnologia di cui tanto si blatera per avere la certezza su questo tipico gol/non gol. Noi ci accontentiamo di una terna umana e per il direttore di gara la sfera è tutta dentro. Sorpasso avvenuto. C’è ancora tempo per Milici per inventarsi un pallonetto da applausi che va a morire in fondo al sacco. La forbice si allarga sul 3 a 1 e il parziale si chiude su questo risultato. Al rientro in campo pochi cambi, stesso mordente. È  ancora il bomber giallorosso a dettare legge in avanti e a replicare la sontuosa giocata della prima frazione: 4 a 1 e tutti più tranquilli. La consueta girandola di cambi non destabilizza più di tanto l’ambiente anche se il gol del 4 a 2 arriva a ricordare di non abbassare la guardia fino alla fine. E così sia. Finale raggiunta, e anche quest’anno di fronte ci saranno i ragazzi di Nichelino. È dall’anno scorso che aspettano questo momento, dal torneo di Bergamo; ecco finalmente la loro occasione. Di finali ne abbiamo giocate tante, vinte molte e perse alcune in modo rocambolesco. Loro sono affamati. Ma per tutto un tempo non li soffriamo, li mettiamo in difficoltà, fino all’ultimo minuto, quando un tiro dalla distanza finisce dritto dritto in fondo al sacco. Non c’è tempo per reagire. Passano pochi minuti della ripresa e subiamo uno dei gol più belli mai visti in tornei del genere: cross dalla destra volèe a incrociare sul palo lungo. Chapeau. Notte fonda. Prima del gol della bandiera, realizzato manco a dirlo da Milici, gli avanti piemontesi busseranno ancora altre due volte alla nostra porta. Vendetta è servita. Vincono con merito, noi stavolta dobbiamo accontentarci di un secondo posto, di un titolo di capocannoniere, di una coppa fair play. Non è abbastanza, ma non è poco.
Chiusa la parte sportiva, è la parte umana quella davvero importante di questi giorni: come fanno ragazzi che praticamente non si conoscono, che provengono da parti cosi distanti d’Italia ad entrare così in sintonia fra di loro? È forse questo il segreto di un’Associazione tanto bistrattata ma dai valori morali così forti? È un pallone che rotola, un uomo in divisa che fischia, una bandierina che si alza? No, è molto di più. Essere AIA è viaggio, è scoperta, è amicizia, è famiglia, è un fazzoletto bianco sventolato di fronte a un pullman in partenza. Dire grazie può sembrare banale, riduttivo, semplice. Ma dire grazie è tutto quello che si può e si deve fare.
Avremo forse perso un trofeo, ma abbiamo guadagnato uno, dieci, cento amici. Per questo, per questi giorni: “GRAZIE”!


Valerio Villano Barbato

 
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