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Armando Salvaggio, nella vita come in campo: uomini prima che arbitri

In occasione della riunione CAI svolta presso i locali della nostra sezione abbiamo avuto l’opportunità di intervistare per la prima volta il vice presidente del CRA Sicilia, Armando Salvaggio. Simpatico, gioviale, un vero e proprio beniamino dei giovani arbitri che timidamente lasciano le sezioni di origine passando sotto l’egida di "mamma" regione. Il nostro ospite ci ha concesso una piacevole chiacchierata che abbiamo sfruttato per conoscerlo meglio: "il mio viaggio all’interno del mondo arbitrale è iniziato quasi per gioco, come avviene per una grande maggioranza di associati, quando avevo 16 anni; nel 1990 la mia prima gara – l’anno prossimo saranno quindi nozze d’argento con l’Associazione – e da lì, pian piano, prima come arbitro poi come assistente, tutta la trafila delle categorie regionali. Ad un certo punto il salto dall’altra parte, prima come osservatore, poi come Presidente di sezione e adesso eccomi qua…" Una presenza positiva all’interno delle stanze di via Ugo La Malfa, dove ad interessarlo prima ancora che gli arbitri sono gli uomini: "da un paio d’anni abbiamo intrapreso una politica di cura dell’aspetto comportamentale prima ancora che di quello tecnico. Il buon arbitro, prima di essere tale, deve essere un uomo, quindi, comportamento e valori prima di ogni altra cosa". Tale politica ben si addice al processo di ringiovanimento degli organici fortemente appoggiato dai vertici regionali per cui ragazzi cosi motivati possono sostenere qualunque gara: "prima di scegliere un ragazzo dobbiamo avere la consapevolezza che lui possa affrontare il tipo di partita per cui è deputato; abbiamo il compito di formare prima ancora di designare. Per "mandare" un arbitro a fare una gara non ci vuole niente, ma per sceglierlo, per designarlo allora bisogna fare un ragionamento profondo, a 360 gradi, che investa varianti quali condizione fisica e mentale". Nonostante tutto però, ancora oggi tocca scrivere di assurdi episodi di cronaca che riguardano giovani arbitri: "la sola repressione non basta a risolvere il problema. Nel 2014 è inconcepibile alzare le mani per una partita di calcio. Occorre un maggior confronto, una maggior cultura, e soprattutto il deterrente di una pena certa. Spesso sentiamo dire che chi va allo stadio si trasforma, si scatena. Io non sono d’accordo. Penso anzi che sia il contrario, ovvero che chi è un violento lo è sempre, la sua vera natura è quella, e per i sei giorni senza pallone è costretto a indossare una maschera, che può sfilare la domenica".
Ma non vogliamo farci prendere dai cattivi pensieri e allora, prima di chiudere, torniamo ai fatti di casa nostra, gettando uno sguardo verso le prospettive del movimento arbitrale siciliano: "da un paio di anni mi occupo del progetto UEFA Talent and Mentor, e devo dire che stiamo raccogliendo ottime soddisfazioni. Per quanto riguarda la CAI la Sicilia è stata la regione con più promossi nell’ultima stagione. Per quanto ci riguarda stiamo investendo molto nella formazione continua di tutte le componenti del mondo arbitrale: arbitri, assistenti e osservatori. I frutti li stiamo già vedendo, e fra qualche anno potremo toglierci delle grandi soddisfazioni".

Valerio Villano Barbato



 
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