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UN TERNO SECCO SULLA RUOTA DI MESSINA
Esordio in Prima Categoria per Mattace Raso, Benito Saccà e Giovanni Amendolia


Qualche tempo fa su queste pagine raccontavamo di una mano vincente: un bel tris d’assi calato a inizio stagione, tanto per cominciare nel migliore dei modi la novella tenzone agonistica. Oggi, dopo neanche 4 mesi, proviamo a far saltare il banco (regionale) con tre numeri 1: Giuseppe Mattace Raso, Benito Saccà e Giovanni Amendolia  sono con noi, per parlarci della loro esperienza in Prima Categoria, nuovo step della loro corsa, che sembra sempre più destinata ad acquisire velocità. Sicuramente corriamo il rischio di ripeterci nelle domande data la vicinanza con l’altro esordio stagionale, ma affrontiamo molto felicemente questa evenienza. Come di consueto, e forse anche per
un po’ di scaramanzia, è Benito il primo a parlare: "questa situazione era sicuramente diversa dall’altra; centrare la Prima voleva dire centrare uno degli obiettivi che a Melia di Scilla, quest’estate, mi ero prefissato. Una prima grande soddisfazione è arrivata quando sono stato invitato al Raduno di Categoria (dove è risultato il migliore nei test atletici), poi, al momento della designazione, la gioia è stata grande". Con la calma che lo contraddistingue, prende la parola Giuseppe, e traccia un paragone illuminante che riesce molto bene a far comprendere la dimensione diversa in cui entra un arbitro "Regionale": "arrivare in Prima Categoria è qualcosa di molto importante per ogni direttore di gara, si lascia la sezione; è un po’ come uscire di casa da soli la prima volta. Devo dire che questo debutto l’ho sentito molto, l’ho vissuto; poi, però, una volta arrivato al campo, la tensione si è trasformata in carica e questo è servito per fare un’ottima prestazione". Infine tocca a Giovanni, che, con un pizzico di spavalderia afferma quanto segue "non ho sentito molto peso a dire il vero, ero molto sereno; aspettavo già da un po’ la partita e mi sono preparato come sempre: corsa alle 7 sul litorale di Torregrotta, e poi tanta concentrazione". Sicuramente un metodo di allenamento da copiare, che non può che contribuire ad elevare la qualità della performance, come certificato a fine gara dal colloquio con l’Osservatore di turno "l’Osservatore mi ha gratificato dicendomi che per lui sono già proponibile per la categoria superiore, ma io so bene che devo lavorare ancora tanto". Prestazioni, d’altro canto, decisamente sopra la media anche per gli altri due colleghi, decisamente adatte a squadre dall’elevato tasso di competitività: "naturalmente salendo di livello si incontrano realtà maggiormente preparate sia dal punto di vista professionale che da quello tecnico; nel mio caso – spiega Benito - ho notato subito come già l’ingresso sul terreno di gioco fosse regolamentato in maniera quasi professionistica; i calciatori poi, maggiormente esperti, mostrano doti sicuramente superiori a quelle viste fino a questo punto. Il gioco è più veloce e bisogna essere sempre sul pezzo". Per Mattace Raso una piccola soddisfazione ulteriore arriva anche dal livello dell’impianto di gioco: "ho avuto la fortuna di andare ad arbitrare in uno stadio, e questo mi ha fatto subito capire che ero ben lontano dai "campi" che sono solito frequentare; per quanto riguarda le differenze tecniche e professionali non posso che concordare con Benito. Basti pensare che le distinte mi sono state presentate ben mezz’ora prima dell’inizio della gara. Dal punto di vista della tecnico, è stata una gara tirata fino all’ultimo, i giocatori pensano al pallone e non a protestare per ogni fischio ". Di nuovo Amendolia chiosa sull’argomento: "c’è sicuramente un maggiore tasso tecnico, le squadre sono più propositive. Dirigere a questi livelli richiede una dose d’attenzione sempre maggiore". Elementi che senz’altro contribuiscono ad elevare gli stimoli, già alti, e spingono l’arbitro a dare tutto il meglio possibile. Ma lo stimolo forse più grande in assoluto è quello che viene dal proprio sangue. Riallacciandoci alla vecchia intervista chiediamo ai nostri ospiti quali siano le impressioni dei loro genitori, già arbitri ai loro tempi, di fronte ai risultati cosi importanti da loro raggiunti: "mio padre, dice Benito, è uno di quelli che riesce a trovare sempre il pelo nell’uovo, però adesso è senza dubbio molto orgoglioso per questo nuovo piccolo grande successo. Mi ha sempre aiutato e adesso ha notato che grazie ai suoi consigli sono cresciuto partita dopo partita". Per Mattace Raso la situazione è più o meno analoga: "mio padre aveva fatto l’arbitro e fu lui a spronarmi a provare, e adesso devo ringraziarlo perché sono arrivato fino a qua". Un discorso a parte merita Giovanni, che porta un cognome dal peso specifico decisamente notevole: "come già diceva mio fratello qualche tempo fa, appena arrivo in qualunque impianto mi domandano se c’è parentela con Angelo (lo zio), e dunque è inevitabile che seppur indirettamente un po’ abbia influito nella mia scelta". Tutti insieme però, non dimenticano nel loro percorso di formazione l’importanza che ha avuto, e che ancora ha, la sezione e il presidente in particolare: "ci sentiamo spesso prima delle partite, Max (Lo Giudice) ci chiama, ci domanda se abbiamo problemi, se può aiutarci in qualunque modo. E’ molto importante per noi. Inoltre la continua frequenza, l’incontrare i colleghi, gli amici, è un qualcosa di fondamentale per fare bene il nostro lavoro". Prima di lasciarci, non può mancare la classica domanda marzulliana, che si sta rivelando una specie di portafortuna per i nostri associati: quali sono i vostri obiettivi? Stavolta è Benito a rispondere raccogliendo all’unisono le voci degli altri: "limiti non me ne sono mai posto, e penso che cosi come fanno tutti i calciatori anche per ognuno di noi il sogno è la massima categoria". Con queste parole quasi profetiche chiudiamo la nostra chiacchierata, certi che fra qualche mese ci incontreremo di nuovo.

Valerio Villano Barbato

 
 
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